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Tutto McLaren - L'angolo del Professor
2015

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GP del Giappone 2015

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Ritorno alla grande del gigante Mercedes a stracciare tutti gli altri dopo i legittimi dubbi insorti a Singapore, solo una settimana fa: come spiegare il primo e secondo evento ?

Facile la seconda risposta, Mercedes non era caduta in basso ed il suo intatto potenziale si è manifestato qui a Suzuka, vero circuito di F.1, molto ben disegnato, tecnico e veloce.

Singapore, come altri circuiti cittadini, artificiali ed assolutamente inadatti per tali vetture, ha riservato sorprese a chi esamina superficialmente questo sport, ossia, più genericamente, il mondo dei motori.

Tali vetture molto tecniche sono progettate per correre veloci, con frenate anche brusche, ma con segmenti di percorso sufficientemente lunghi per smaltire il calore dei freni ed esprimere il potenziale del motore.

Singapore è , invece, peggio di un kartodromo, con infinito numero di cambiate, accelerazioni brusche e frenate continue, tutto spara e ricarica veloce.

Ricordo le gare in salita a cronometro nelle varie categorie, dalle vetture di serie preparate a quelle sport od anche a ruote scoperte delle formule minori: in tratti brevi e particolarmente tortuosi la potenza non era così fondamentale e, spesso, vincevano macchinette minori, agili, dalla grande maneggevolezza e ripresa.

Nella F.1 la cosa è diversa in quanto i mezzi sono praticamente tutti eguali, ma la messa a punto per circuiti anomali come Singapore è sicuramente soggettiva e funzionale alla sola gara.

Si può quindi pensare che il motorone Mercedes sia stato depotenziato per non sottoporlo a stress enormi di cambiate ed accelerazioni positive e negative e che, magari, i rapporti del cambio scelti non siano stati così felici.

Ma queste sono solo ipotesi a cui se ne potrebbero aggiungere altre pure logiche e plausibili, resta comunque la sostanza vera: Mercedes la più forte, Ferrari seconda, le altre indietro con prevalenza logica di quelle motorizzate Mercedes; come diceva un caro amico ingegnere, grande tecnico, “Tutto il resto è poesia”...

Nota di colore: le lamentazioni di Alonso qui in Giappone riferite al propulsore Honda che, effettivamente, non va nemmeno a spingerlo, cedendo in fatto di potenza praticamente a tutti o quasi.

Un campione come lui si può permettere tali osservazioni, soprattutto quando vere e mai migliorate nel corso della stagione.

Arrivederci nelle Russie tra due settimane dal vostro,

Fabrizio Pasquali

….(1987).....Se analizziamo i dati ufficiali comunicati alla stampa nel biennio ’86-‘87 relativi alle potenze dichiarate dalle Case per i propulsori montati sulle vetture che hanno vinto il Campionato mondiale Piloti, c'è da rimanere perplessi: ricordiamo che nel 1987 vige la limitazione a 4 bar dei turbocompressori, che Porsche aveva dichiarato 860 Hp. a 11.500 giri nell’ ‘86 ed Honda 900 Hp. a 12.000 giri nell’ '87.

Da questi dati emerge perlomeno una contraddizione, del resto suffragata dalle prestazioni sui circuiti: o lo sviluppo tecnologico del turbo è stato così rapido da rendere sufficienti rapporti di compressione minori per incrementare la potenza, oppure il limite fissato dal regolamento FIA viene in qualche modo subdolamente superato.

A propendere per questa seconda ipotesi ci invita una situazione di fatto esistente anche negli anni di "compressione libera": la differenza fra le potenze dichiarate e quelle stimate in forza delle prestazioni su pista e dei parametri desumibili da una "diagnostica a distanza" sono enormi, addirittura dell'ordine del 20%.

Si può pertanto ragionevolmente affermare che finché il turbo è stato in essere le Case hanno trovato modi più o meno palesi di sfruttarne tutte le possibilità, forse anche “sforando” i limiti regolamentari.

La premessa era necessaria per introdurre una stagione fortemente competitiva e ricca di prestazioni notevoli da parte dei top Team: vediamoli.

Williams sembra non aver imparato molto dall'anno precedente dato che Prost (McLaren) e Senna (Lotus) sono presenti al pari della Coppia Mansell Piquet (Williams) nello "score" dei primi Gran Premi.

Prost vince in Brasile e Belgio, Senna a Monaco e Detroit, Mansell ad Imola Francia e Gran Bretagna; Piquet invece colleziona solo secondi posti (peraltro con impressionante continuità) fino alla vittoria nel Gran Premio di Germania (ottavo appuntamento stagionale).

Apparentemente quindi la superiorità Williams viene in gran parte vanificata dai problemi di gomme (devono effettuare più cambi rispetto alle concorrenti) e di agilità: Senna infatti batte tutti sui circuiti cittadini e non solo per le sue eccezionali capacità di guida. Ma, sistemati alcuni assetti e venuta la stagione calda, la situazione cambia e Piquet è primo, dopo il Belgio, anche in Ungheria ed a Monza, mentre al compagno Mansell vanno, oltre alle vittorie citate prima, i Gran Premi d'Austria, Spagna e Messico.

Se facciamo due conti in classifica scopriamo che malgrado Mansell abbia vinto più di Piquet è indietro, a due gare dal termine, di ben quindici punti in forza dei numerosi secondi posti collezionati dal Brasiliano.

Nigel tenta allora il tutto per tutto in Giappone, ma rimedia solo un incidente che lo costringerà fra l'altro a saltare l'ultimo appuntamento in Australia.

La gara va male anche a Piquet che festeggia ai box, con il propulsore a pezzi, la conquista dell’iride, fra il livore dello Stato Maggiore Honda che deve incassare, proprio in Casa, la vittoria dell’ “outsider” Berger (passato alla Ferrari proveniente dalla Benetton).

L’Austriaco ripeterà poi anche in Australia la bella “performance” giapponese. A proposito di Ferrari , va ricordato "l'acquisto" inglese di John Barnard, progettista di chiara fama, approdato a Maranello da McLaren e, nota di colore, la sua volontà di creare in Inghilterra un sito "bis" per costruire le Rosse. Questa idea, tipicamente anglofila, contrasta fieramente con la tradizione della gloriosa Casa italiana e quella che abbiamo definito "nota di colore" assumerà nel tempo tinte piuttosto cupe, segno di un rapporto certamente non felice fra il prestigioso Tecnico inglese e l'ambiente Ferrari .

A proposito di Ferrari , va ricordato "l'acquisto" inglese di John Barnard, progettista di chiara fama, approdato a Maranello da McLaren e, nota di colore, la sua volontà di creare in Inghilterra un sito "bis" per costruire le Rosse. Questa idea, tipicamente anglofila, contrasta fieramente con la tradizione della gloriosa Casa italiana e quella che abbiamo definito "nota di colore" assumerà nel tempo tinte piuttosto cupe, segno di un rapporto certamente non felice fra il prestigioso Tecnico inglese e l'ambiente Ferrari .....( continua )

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