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Tutto McLaren - L'angolo del Professor
2012

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GP di Singapore 2012

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Ancora conferme da questo Gran Premio equatoriale nella metropoli orientale di Singapore: la prima va a ribadire ciò che avviene, in controtendenza ad ogni logica tecnico-agonistica ormai inesorabilmente da alcuni anni, ovvero la scelta di circuiti metropolitani ( le ragioni sono fin troppo evidenti ) in cui, come è istintivamente ovvio, parte della gara avviene in regime di safety car e quindi con parametri zero; la seconda che l’affidabilità è tornata ad essere l’arma vincente per vincere i Mondiali.

McLaren, malgrado gli importanti progressi registrati nel corso dell’anno, sembra aver perso, nelle ultime gare, quella resistenza allo sforzo necessaria per una continuità di risultati.

Secondo il principio fondamentale della statistica, oggi a me, domani a te, regolarmente ed alternativamente Hamilton e Button vengono fermati da guasti, mentre il terzo gode: ecco la grande arma di Alonso, senza nulla togliere alla sua sincerità quando ammette candidamente che altre vetture sono migliori della sua.

Il pilota asturiano ha vinto solo tre G.P. come Hamilton, ma è arrivato a punti in tutti gli altri, ad accezione di Spa ove è stato incidentato per colpa di terzi alla prima curva: questa regolarità gli permette di cavalcare ( e verosimilmente vincere ) la classifica del Mondiale Piloti senza grandi rischi od impegni particolarmente gravosi.

Si pensi che al terzo posto di tale classifica c’è Raikkonen, sì ottimo pilota, ma alla guida di una vettura che non appartiene alla fascia delle prime tre.

Ma a Singapore vi sono state altre conferme: quella, ad esempio, della definitiva “lessatura” di Webber e Massa ( se vogliamo anche sfortunati ), ma che avevano dimostrato già nelle prove i propri limiti pesanti.

Sembra essere ritornato parzialmente in gara Vettel, ma anche per lui vale quel principio di affidabilità del mezzo che quest’anno non pare di casa nemmeno in Red Bull.

Tutto il resto è gioco per giornali da “mercato estivo” di cui non ci siamo mai occupati in questa rubrica, mentre vengono rimpianti i circuiti storici deputati per la F.1 che rimarranno probabilmente ed inesorabilmente un ricordo affidato alle pagine ed ai filmati d’epoca, testimonianza di un periodo in cui la tecnologia era la prima preoccupazione per un impresario e progettista sportivo.

Ci rivediamo in Giappone ove si potrà ancora vedere una pista, sì abbastanza giovane, ma nata per le monoposto e non per i go-kart.

A Suzuka,

Fabrizio Pasquali

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