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Tutto McLaren - L'angolo del Professor
2006

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GP di Gran Bretagna 2006

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Anche alla classicissima di Silverstone, così come a Montecarlo, Renault risponde “presente” e vince apparentemente in scioltezza col suo top driver Alonso la cui corsa a bissare il mondiale 2005 non sembra conoscere ostacoli.

Dopo una partenza che non ha visto, per lo meno nelle prime posizioni di griglia, particolari degni di sorta, sembrava che il terzetto di testa, che vedeva Alonso tallonato da Raikkonen e Schumacher, potesse in qualche modo, magari complici i pit stop, variare e rendere così più interessante la gara.

Accadeva invece che, giro dopo giro, il Campione spagnolo staccasse inesorabilmente decimi su decimi in un’ impressionante quanto regolare progressione, sì da rendere vana ogni possibile alternativa di inseguimento.

L’aggressività dei diretti concorrenti si è esaurita nella prima frazione di gara e successivamente non hanno mai dimostrato di poter impensierire la gara solitaria di Alonso.

Complice il secondo rifornimento, Schumacher ha superato Raikkonen e per McLaren si è palesata la sua lacuna principale, quella coperta corta che vede necessariamente cedere in velocità di punta per consentire una guidabilità accettabile.

Ferrari sembra più veloce e naturalmente ciò per un progetto aerodinamico migliore: sappiamo infatti che motori super potenti vengono davvero sprecati da freni alari massivi volti ad ottenere quella deportanza tanto più necessaria nei progetti che peccano in motricità.

Si assiste così a “cotture” indecorose come nei motori Honda, costretti a correre col freno a mano tirato per non volare alla prima curva.

A causa delle gomme scanalate che lasciano le vetture particolarmente instabili in una sorta di “airplanyng” al contrario delle “slick” volte ad incollare al terreno i mezzi, si è dovuto ricorrere ad una sofisticatissima scienza aerodinamica con le conseguenze tecnologiche che tutti abbiamo modo di vedere: flap, nolder, alettoni anteriori, posteriori, ricerca di effetto Venturi ovunque, muso alzato e piano radente il suolo carico di zavorra ad abbassare il baricentro, deiettori di flusso, profili estrattori ecc.

Insomma le F.1 odierne assomigliano ben poco a vetture e molto più ad aerei stradali che al contrario di quelli che volano, cercano in tutte le propaggini citate di ottenere schiacciamento a terra anche con effetto freno determinato da tale massiccia deportanza.

Ecco allora che passa in secondo piano la performance di questo o quel propulsore, essendo la potenza effettiva, ed anche la resistenza all’uso, condizionate massicciamente da queste forze apparentemente estranee al concetto di autovettura, ma fondamentali data l’assurdità di pneumatici assolutamente non adatti a scaricare a terra potenze vicine ai 1000 Hp.

Gomme slick e minigonne hanno fatto la differenza in un tempo non lontano della F.1 e vengono rimpiante con nostalgia perché consentivano ai piloti di battersi con agonismo maggiore ed oggi, grazie ai circuiti assolutamente sicuri ed alle scocche pure radicalmente migliorate per garantire buona protezione al pilota, potrebbero ritornare a rischio zero, mentre assicurerebbero gare vere e performance fortemente dipendenti dall’abilità del pilota, così come avviene nel motociclismo, vera palestra di agonismo alla massima velocità.

Cordiali saluti a tutti, dal vostro Fabrizio Pasquali

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