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Biografie

di Mattia Albera

Dan Gurney

Pilota Ufficiale

Nato a Port Jefferson (Stati Uniti) il 13 aprile 1931

Daniel Sexton Gurney (questo il suo nome completo) nacque negli Stati Uniti a Port Jefferson, vicino a New York, il 13 aprile 1931. Figlio di due cantanti lirici, John Gurney e Roma Sexton, il padre si esibì alla Metropolitan Opera. La famiglia Gurney si trasferì in California quando Daniel, detto Dan, era un bambino. Ebbe un’educazione come tutti i ragazzi californiani al Menlo Junior College, studiando e facendo molto sport. Americano tipico, alto, dinoccolato, viso scolpito, onesto e sincero; da adolescente Daniel (detto Dan) era un ragazzo ribelle: studiare non gli interessava e si dedicava piuttosto a corse d’auto illegali per le strade di Riverside. Avrebbe dovuto diventare ingegnere e dedicarsi alle automobili, nelle intenzioni dei suoi genitori. Ed in effetti si dedicò alle automobili ma non nel senso “tranquillo” che i suoi speravano. Questo pilota americano fu uno di quei personaggi capaci di catturare la simpatia del pubblico.

Durante il servizio militare, il “Marine” Gurney venne inviato in Asia durante la Guerra di Corea (1950/53) dove si distinse per coraggio e tenacia in campo. Al rientro in America, il giovane Dan iniziò a lavorare occupandosi della vendita di automobili esotiche, quelle macchine che erano importante in California e che erano molto ricercate. Acquistò una Triumph TR2, auto che aveva tutte le caratteristiche della sportività per gli americani. Al volante di questa vettura partecipò a qualche corsa locale. La Triumph veniva rimpiazzata successivamente da una Porsche (allora erano ancora delle derivazioni della Volkswagen), poi da una Denzel e infine da una Lancia. Si faceva notare e così un giorno si vide offrire il volante di una grossa Chevrolet Corvette, con la quale otteneva successo. In seguito, un appassionato locale gli affidava la propria Ferrari 4900, verso la fine del 1957. Sullo slancio delle sue buone prestazioni nelle gare locali, notato da Luigi Chinetti, importatore ufficiale delle Ferrari in America, veniva invitato a partecipare alla celebre 24 Ore di Le Mans con una macchina di una Scuderia privata, e successivamente alla 12 ore di Reims.

Dan Gurney, con l’inconfondibile accento da yankee, corse con le monoposto del Cavallino Rampante soltanto i primi quattro degli 86 Gran Premi che riempirono gli undici anni della sua Carriera sportiva in Formula 1. “Atleta volitivo, forte, semplice e serio”, lo reputava il Drake di Maranello Enzo Ferrari.

L’anno successivo, avendo attirato l’attenzione di molti tecnici, era pilota ufficiale della Ferrari, anche per interessamento di Phil Hill, che con le Ferrari aveva già corso, soprattutto con le vetture Sport. Dapprima anch’egli corse nelle Categorie Sport, e poi, nel 1959, anche per nel Campionato del Mondo di Formula 1. Al volante di una Ferrari Sport Testa Rossa, alla 24 Ore di Le Mans edizione 1959 – che disputava in coppia con il pilota francese Jean Behra – aveva fatto una corsa fantastica fino al momento in cui gli era rimasta in mano la leva del cambio, che la sua forza eccezionale era riuscito a rompere. Dan Gurney venne incluso, con Phil Hill e Olivier Gendebien, tra i piloti ferraristi che parteciparono alla 12 Ore di Sebring e contribuì a vincerla (tra l’altro fu abile a evitare un concorrente in testacoda uscendo di pista e rientrando con la vettura indenne, il tutto in soli 31 secondi). A Maranello dovette sottoporsi a esaurienti prove d’esame prima di convincere Ferrari a farlo esordire in Formula 1. Ma il “Marine”, come era soprannominato nell’ambiente (un nominativo che non gli andava molto a genio), non lo deluse affatto: al volante del vecchio modello 246, ottenne un secondo posto nel Gran Premio di Germania ad Avus e un terzo nel Gran Premio del Portogallo a Monsanto. A fine Stagione, Gurney lasciò la Ferrari: i suoi rapporti con la Squadra italiana furono molto brevi.

Nel 1960 Gurney passò alla BRM, ma purtroppo per lui quello era il periodo in cui le monoposto BRM andavano male e così l’annata era deludente, pur se nelle corse per macchine Sport riusciva ad ottenere risultati di rilievo. A Zandvoort, nel corso del Gran Premio d’Olanda, Gurney ebbe il più grave incidente della sua Carriera sportiva a causa della rottura dei freni sulla sua vettura. Uno spettatore rimase ucciso sul colpo, mentre il pilota non riportò conseguenze malgrado un forte shock. Da questa tragedia, Dan prese la decisione di adottare un diverso stile di frenata durante la guida di auto da corsa. Gurney si è sempre distinto per uno stile di guida molto fluido. Una splendida vittoria alla 1.000 chilometri del Nürburgring, su una Maserati ed in coppia con l’Asso inglese Stirling Moss, era la compensazione per le deprimenti esperienze nella Formula 1. L’anno dopo Dan Gurney veniva chiamato dalla Porsche, per guidare la vettura di Formula 1 che la marca tedesca aveva costruito e che rappresentava l’avvenimento della Stagione. La monoposto accusò difficoltà di ogni tipo: problemi di potenza, assetto ma soprattutto affidabilità. Era tuttavia un anno di dominio incontrastato delle Ferrari, che spesso erano anche molto numerose in pista: nonostante ciò, Gurney otteneva risultati molto buoni, con tre secondi posti (Italia, Francia, Stati Uniti), mentre il Titolo Mondiale andava al suo compatriota Phil Hill. Memorabile è rimasto l’arrivo del Gran Premio di Francia a Reims, con una vera volata finale tra la Porsche di Gurney e la Ferrari dell’esordiente Giancarlo Baghetti, che la spuntava per pochissimo. Nella Classifica Finale del Campionato Gurney era terzo a pari merito con Stirling Moss.

La Stagione 1962 fu per Gurney più soddisfacente, con due vittorie: una nella gara fuori Campionato disputata sul circuito della Solitude, vicino a Stoccarda, e l’altra nel Gran Premio di Francia, che resta l’unica vittoria di una Porsche nel Campionato Mondiale. Durante gli anni alla Porsche, Dan fece la conoscenza di Evi Butz, addetta alle pubbliche relazioni, la quale divenne sua moglie alcuni anni dopo. Nello stesso anno, il pilota americano partecipò ad alcune prove della Categoria Nascar negli Stati Uniti. Poiché la Porsche decideva di cessare l’attività con le monoposto, per dedicarsi alle macchine Sport, Gurney passava al Team Brabham, e questo era un avvenimento importante, perché poteva rendersi conto di come funzionasse una Squadra nata dall’iniziativa di un pilota. Nasceva così l’idea di fare una propria Squadra con una macchina tutta sua. Poteva sembrare un uomo volubile, arrendevole e indeterminato, ma ciò che lo motivava a cambiare Squadra era la ricerca di una monoposto affidabile e competitiva.

I tre anni di attività con la Brabham furono abbastanza buoni, anche se spesso Dan Gurney veniva mortificato dai cedimenti della macchina, dovuti in maggior parte alla tirchieria di Jack Brabham, che non volendo spendere soldi per cambiare certi particolari, vedeva le sue macchine fermarsi molte volte anche quando la vittoria era possibile. Un esempio clamoroso lo si ebbe nel Gran Premio del Belgio, quando Gurney, che era in testa nettamente, dovette fermarsi per semiblocco della pompa della benzina all’inizio dell'ultimo giro!

L’esperienza era comunque molto buona e nel frattempo Gurney aveva iniziato anche a correre nelle gare americane, specialmente a Indianapolis, e a gettare le basi della futura Squadra, che nasceva alla fine del 1965, con sede a Santa Ana, poco lontano dalla sua abitazione californiana. La squadra prese il nome formato dalle iniziali AAR, che poteva essere letto di volta in volta come “All American Racers” oppure come “Anglo American Racers”. Infatti alla sede di Santa Ana si aggiunse più tardi una sede in Inghilterra, situata vicino alle officine Weslake, dove veniva costruito il motore che la «Eagle» avrebbe utilizzato. Le macchine di Gurney infatti furono battezzate Eagle (Aquila) e il marchio era formato appunto da una testa d’aquila. Animatore del progetto, oltre a Gurney, fu Carroll Shelby, padre delle monoposto Ford Cobra. La crescita della Brabham l’anno successivo fu notevole. Con l’arrivo dei piccoli (ma agili e potenti) motori Repco, il duo Brabham-Hulme dominò il Campionato di Formula 1 1966. Se Dan non avesse lasciato la Brabham per fondare una propria Squadra, probabilmente avrebbe vinto il Campionato Piloti 1966. Con una formidabile vettura, avrebbe sicuramente battuto Jack Brabham e tutti gli altri nella corsa al Titolo. Memorabile restano le frasi del grande Jim Clark: “Dan Gurney è stato l’unico pilota avversario che abbia mai davvero temuto…”

La prima monoposto costruita da Gurney era il modello Eagle 101, una buona vettura costruita disegnata da Len Terry con le basi progettuali della IndyCar. I maggiori problemi per la vettura furono soprattutto concentrati nel motore Coventry Climax a 4 cilindri in linea. Nel 1967, il “Marine” conquistò la vittoria nella 24 Ore di Le Mans al volante di una Ford Mk IV in coppia con il pilota americano AJ Foyt. Pochi mesi dopo, lo statunitense si aggiudicò un fortunato Gran Premio del Belgio 1967 a Spa-Francorchamps e la “Race of Champions” a Brands Hatch. Per la prima volta nella Storia del Campionato Mondiale avvenne il successo di un pilota americano su una macchina americana, successo che è finora rimasto unico. C’era stata la vittoria di Jimmy Murphy su una Duesenberg nel 1921, nel Gran Premio di Francia, e c’era stata anche la vittoria dello stesso Dan Gurney nella primavera del 1967, a Brands Hatch, come precedenti di successi americani in gare della Formula 1, ma questa di giugno era più importante, perché ottenuta in gara di Campionato ufficiale. Le sue attività si dividevano tra Europa e America: Formula 1 e gare sportive nel vecchio continente, USAC e Can-Am in America. Oltre alla vittoria nel Gran Premio del Belgio, infatti, Gurney aveva a portata di mano anche il Gran Premio di Germania, perduto solo per la rottura di un giunto della trasmissione. La costituzione della sua Squadra, però, era stata possibile soprattutto grazie al finanziamento della Goodyear, che aveva promosso questa operazione innanzitutto per potersi inserire nelle gare americane, specie a Indianapolis. Era stata la Goodyear, nel 1964, a suggerire a Gurney di aprire un’officina in California, per poter sperimentare certe sue gomme per Indianapolis, utilizzandole su una macchina nuova. E la Eagle F1 era in definitiva una derivazione della macchina per Indianapolis, perché utilizzava molte componenti che erano buone per le due categorie. Cosicché, poco a poco, Gurney si è trovato costretto a trascurare le gare europee, dato che gli impegni con quelle americane erano sempre più pesanti. La continua sperimentazione non gli lasciava molto tempo. Mentre a capo della squadra per Indianapolis egli aveva chiamato il tecnico Len Terry, la macchina di Formula 1 aveva fatto ricorso ad un giovanissimo tecnico, Tony Southgate, che successivamente sarebbe stato in molte altre squadre, fino a costituirne una propria, l’attuale Arrows.

L’avventura di Gurney in Formula 1, come pilota-costruttore, finì nel 1968, con risultati tutto sommate abbastanza buoni. Le ultime apparizioni di Dan Gurney in Formula 1 furono registrate al volante del modello McLaren-Ford M14A. Al Gran Premio d’Olanda, la Squadra deve portare una vettura modificata nella scocca per permettere al pilota americano di installarsi a dovere. Problemi di sponsorizzazione tra Castrol e Gulf non permetteranno al pilota americano di terminare la Stagione al volante della McLaren, con la quale ha disputato in totale tre Gran Premi. La collaborazione con il Team McLaren fu estesa con la partecipazione alla Serie Can-Am, dove ottenne risultati di grande pregio e contribuì al successo finale della Squadra.

Abbiamo detto che Dan Gurney è stato tra i piloti più eclettici dei Gran Premi. Ha vinto in tutte le categorie, comprese le stock-cars, dove tra l’altro ottenne una famosa ed eccellente sequenza di quattro vittorie consecutive nella 500 Miglia di Riverside (1963, 1964, 1965, 1966). Tentò di vincere a Indianapolis, arrivandoci molto vicino ma senza riuscirci.

Dan Gurney partecipò a nove Edizioni della 500 Miglia di Indianapolis, la corsa più famosa d’America. I migliori risultati sono stati ottenuti nelle solamente ultime tre partecipazioni, con due piazzamenti al secondo posto (1968 e 1969) e un terzo posto (1970), sempre al volante della “sua” Eagle-Offy TC. Le auto di Gurney vinsero in due occasioni la 500 Miglia di Indianapolis: nel 1968 con Bobby Unser e nel 1973 con Gordon Johncock. Inoltre la Squadra di Gurney si è aggiudicata tre Campionati di Formula Indy cars e Formula A.

Nel 1970, ormai trasferitosi in America, Dan Gurney si rese conto che i suoi giorni migliori da pilota erano ormai passati, e decise di ritirarsi. L’Asso americano stabilì la sede della propria Squadra a Santa Ana, e iniziò una fortunata Carriera sportiva in qualità di costruttore. A partire dal 1970, il Team All American Racers ha partecipato a 312 eventi sportivi in 20 stati del Mondo vincendo ben 51 gare e conquistando altri 47 piazzamenti a podio. Il Team A.A.R. è riuscito nell’impresa di vincere prestigiose gare tra cui la 500 Miglia di Indianapolis, la 12 Ore di Sebring e la 24 Ore di Daytona. Gurney è stato, insieme a Roger Penske, Pat Patrick e Bob Fletcher, uno dei fondatori della nuova serie CART. Gli anni Novanta hanno visto il dominio delle Toyota-Eagle nella Categoria IMSA GTP, con ben 17 vittorie consecutive nelle corse in programma. Nel 1996 è avvenuto il ritorno alla Formula CART, mentre nel 2000 Dan ha partecipato alla realizzazione di una nuova monoposto per la Toyota Atlantic destinata al figlio Alex Gurney (nato il 4 settembre 1974 e divenuto pilota professionista in America). Sino al 1999 il pilota americano ha proseguito a lavorare in proprio alla costruzione e messa a punto di telai a Santa Ana (California). Nel 2002 è stato annunciato il prossimo ritorno di un Team americano in Formula 1, ma l’idea non ha subito ulteriori sviluppi. Dan Gurney vive a Newport Beach, in California, insieme alla moglie e ai due figli.

Infine una curiosità: il pilota di Port Jefferson è stato l’inventore del cosiddetto “Gurney flap”, un piccolo bordo posto all’estremità delle appendici alari, con la principale funzione di incrementare il carico aerodinamico della vettura. La prima applicazione del profilo risale al 1971, quando Dan Gurney decise di aggiungere un piccolo elemento aerodinamico all’ala posteriore per migliorare le prestazioni della vettura di Bobby Unser durante una serie di test al Phoenix International Raceway. Il profino non produsse downforce e l’idea sembrò funzionare, tanto che presto la soluzione venne copiata da tutte le Squadre rivali. Oggi il profilo viene ancora utilizzato, seppur in versioni nettamente diverse e migliorate.

LA CARRIERA IN FORMULA 1

Debutto: Gran Premio di Francia 1959 (Reims) su Ferrari-Dino 246

Ultima gara: Gran Premio di Gran Bretagna 1970 (Brands Hatch) su McLaren-Ford M14A

 
GP disputati  86 Stagioni  11
Pole Position  3 Giri Più Veloci  6
Punti  133    

Piazzamenti a punti

 4   8   7   2   5   5       

CAMPIONATO DEL MONDO DI F.1

Anno

Team GP PP GPV Vittorie Posizione finale

Punti

 1959 

 Ferrari-Dino 246  4      

 7° 

 13 

 1960 

 BRM P48  7      

  

  

 1961 

 Porsche 718 F4  8      

 4° 

 21 

 1962 

 Porsche 804 F8  7  1    1

 5° 

 15 

 1963 

 Brabham-Climax BT7  10    1  

 5° 

 19 

 1964 

 Brabham-Climax BT7  10  2  2  2

 6° 

 19 

 1965 

 Brabham-Climax BT11  9    1  

 4° 

 25 

 1966 

 Eagle-Climax AAR101        

  

  

  

 Eagle-Weslake AAR102  8      

 12° 

 4 

 1967 

 Eagle-Climax AAR101        

  

  

  

 Eagle-Weslake AAR102  11    2  1

 8° 

 13 

 1968 

 Brabham-Repco BT24        

  

  

  

 Eagle-Weslake AAR104        

  

  

  

 McLaren-Ford M7A  9      

 21° 

 3 

 1970 

 McLaren-Ford M14A  3      

 22° 

 1 

* Fuori dalla parentesi i punti ritenuti validi ai fini iridati

 

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